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Cronache dagli spalti su Lazio-Roma

29 novembre 1998


Una squadra, una curva, una città. Quando quel pallone, quello del tre a tre, è entrato rimbalzando in rete, si e' avuta l'impressione che un popolo intero ce lo stesse trascinando. E infatti a colpire quella sfera era stato uno del popolo, uno della curva: Francesco Totti, con la rabbia di chi spezza una maledizione. Un attimo Totti era sotto la Sud, e la Sud era un vortice impazzito di volti e bandiere. Quello che è accaduto sugli spalti, così come davanti alle TV in tutta la città, è difficile da raccontare e diventerà leggenda negli anni a venire. Perché' era il quinto derby di fila che la Roma stava perdendo, anzi aveva già perso, a meno di un quarto d'ora dalla fine, in dieci contro undici e sotto di due goal, ormai allo sbando e con la sola preoccupazione di evitare che una ingiusta sconfitta assumesse proporzioni ancora più umilianti. Perché come tante altre volte era iniziata con la Roma ad assediare la porta di Marchegiani e la Lazio a fare barricate aspettando il contropiede giusto. E continuare questa maledizione della serie negativa nei derby avrebbe distrutto il morale di una squadra e di un allenatore che invece si ritrovano secondi in classifica, compromettendo il seguito di una promettente stagione Viaggio all'inferno e ritorno, insomma, tutto in novanta incredibili minuti. Undici giocatori che si prendono per mano e planano sotto una curva rigonfia di bandiere e di colori: così è finito questo derby di campionato, con il pubblico di parte giallorossa a cantare e quello biancazzurro a sfollare in silenzio, deluso per aver perso l'occasione di risollevare una stagione iniziata tra proclami di scudetto ma finora alquanto modesta. Eppure solo dieci minuti prima le parti erano invertite, con la Nord a festeggiare e la Sud intontita da una sconfitta che rischiava di essere una mazzata feroce per la stagione giallorossa. Aveva giocato un ottimo primo tempo, la Roma, raccogliendo però il minimo risultato con il massimo sforzo: un solo goal all'attivo come risultato di un assedio alla porta laziale, e uno al passivo a seguito dell'unico tiro laziale dei primi 45 minuti. L'urlo per la rete di Delvecchio strozzato dalla pronta girata in porta di Mancini, con Candela, Petruzzi e Chimenti a dividersi la responsabilità. Ce la giochiamo nella ripresa, si diceva nell'intervallo, ma la prima metà del secondo tempo era un disastro per l'addormentata difesa giallorossa: prima il solito Mancini deviava indisturbato in porta una punizione tagliente dalla sinistra, poi l'ingenuo Wome commetteva fallo di rigore su Salas, e il cileno stesso trasformava il penalty chiudendo la partita... almeno per il momento. Tra i due goal laziali l'espulsione di Petruzzi rendeva ancora più difficile la situazione per la Roma. La bandierina del guardalinee, a segnalare un fuorigioco attivo di Mancini, strozzava l'esultanza laziale per il quarto goal, e da quel momento rinasceva la Roma: il rischio di subire una sconfitta ancora più umiliante scuoteva i giallorossi, muovendoli alla ricerca almeno del goal che avrebbe ridotto il passivo al minimo scarto. Marchegiani bloccava oltre la linea uno spiovente di Totti, poi lo stesso Totti e Delvecchio andavano a un passo dal goal del tre a due. Goal che arrivava, finalmente, per merito di Di Francesco, pronto a sfruttare una indecisione di Nedved. Dieci interminabili minuti, era durato il doppio svantaggio, e undici ne mancavano alla fine, con la Sud che ritrovava di colpo nuove energie e speranze. Un lancio in avanti, tre laziali in anticipo su Delvecchio, ma il centravanti giallorosso e' tenace e abile nello strappare il pallone a Couto e a trovare lo spazio per toccare verso Totti, in agguato al limite dell'area. Marchegiani, spiazzato dall'errore dei compagni, tenta affannosamente di recuperare posizione, ma il suo tuffo disperato viene preso in controtempo da un tiro sporco, con la sfera colpita appena. Un rimbalzo sul prato dell'Olimpico, Marchegiani scavalcato, e l'urlo della folla giallorossa e' assordante. Tutti in piedi a seguire la palla infilarsi in porta, e un attimo dopo tutti a rotolare uno sull'altro. Tre a tre, e la Lazio non esiste più. C'era il tempo anche per il terzo boato in dieci minuti, quello per il clamoroso quattro a tre, ma un guardalinee ubriaco e un arbitro dilettante salvano la Lazio inventando un fuorigioco. Le moviole daranno ragione ai giallorossi, ed è un motivo di silenzio in più per la gente di parte biancazzurra. Il clima con cui si è arrivati in curva Sud al fischio finale era quello di chi vive la fine di una maledizione e guarda cinquantamila persone che dalla parte opposta sfollano in silenzio, umiliati e derisi dal coro "Serie B", classifica alla mano. E tra i giocatori festanti sotto la curva romanista ce n'è uno che da oggi può scrivere il suo nome accanto a quelli di altri grandi campioni della storia giallorossa. Un goal decisivo in un derby del genere vale la consacrazione definitiva per questo ragazzo della Curva Sud. E quella fascia al braccio da oggi ha un significato in più: il popolo di Roma ha trovato un grande capitano. 







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